Il termine Café racer nacque nel Regno Unito durante la prima metà degli anni, per indicare in modo dispregiativo i motoveicoli che i giovani del movimento Rocker ostentavano, parcheggiandoli davanti ai locali pubblici da loro frequentati e caratterizzati dalla presenza esterna delle loro motociclette. Il primo di questi locali fu il 59 Club, mentre il più celebre è l’Ace cafe.
Questi motoveicoli erano motociclette stradali spogliate di tutto quanto legato al turismo e dotate di accessori specialistici e sovrastrutture modificate – spesso autocostruiti – in maniera tale da sembrare moto da competizione, ma in realtà utilizzate esclusivamente per fare bella mostra e appagare l’ego dei loro proprietari.
Raramente i proprietari si impegnavano in competizioni ufficiali, spesso questi si sfidavano in gare clandestine più o meno organizzate per poi concludere di fronte al bar dove condividere e talvolta esagerare le proprie imprese.
Negli anni settanta tale locuzione fu ripresa in Francia, con il significato di “pilota da bar”, per indicare in tono ironico questa categoria di motociclisti.
Nel moderno uso lessicale, per Café racer si intende una motocicletta dall’aspetto sportivo, spesso in stile rétro, strutturalmente e meccanicamente comparabile ad una motocicletta di serie.
Con la diversificazione del mercato della motocicletta il principio stesso delle Cafè Racer è venuto meno, in quanto ormai disponibili vere e proprie race-replica. Questa tipologia di motociclette è rimasta come filosofia e stilemi costruttivi nel mondo del custom (dall’inglese “to custom”: personalizzare) dove ciclicamente riacquista popolarità.
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